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al testo di Ivan Pozzoni
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Non è semplice stare alle 2.25 di notte, con davanti un drink, a battere sui tasti, non vorrei mai che i miei detrattori, oi parassitoi, mi accusino di scimmiottar Bukowski, dato che sto leggendo Santo cielo, perché porti la cravatta?, dove non c’è una traduzione di Tiziano Scarpa, restando – mi capite- in termini di abbigliamento, in una giornata dove Aldo Nove, alias Antonio Centanin, ha mandato via Facebook dei baci alla mia donna, e dove la moglie di Peppe Lanzetta mi manda Simplified Molecular Input Line Entry Specification, sempre su Facebook, e manca solamente Paolo Nori, che, fortunatamente, non ha un account accreditato.
Poi Ambra, in crisi mestruale, sbrocca e mi accusa che i grandi della letteratura danno retta solo a me, senza che io abbia mai ricevuto lettere da Manzoni, da Foscolo, da D’Annunzio, almeno da un Federigo Tozzi, o da un De Amicis, o da un Collodi, o da un Fabio Volo – sono tutti morti!-, e mi costringe ad andare in gita all’Ikea, a comprare Köttbullar e Kycklingbullar, con salsa al rafano, e io accetto, in funzione anti-acquisto di mobilio in avanzo: librerie, mobiletti, fiori di legno svedesi.
Però Ambra è uno splendore di ragazza, e mi ama, anche se assomiglio davvero a Bukowski: mezzo butterato, mezza vita trascorsa nei magazzini, mezzo amore regalato a troie senza cervello. Mi mette a dieta, volontà di farmi sopravvivere ai miei 90 kg, scrive cose bellissime, che ricordano Paolo Nori, o Aldo Nove, o Peppe Lanzetta, o Ivanovijc Pozzoni, mi conduce con un guinzaglio d’amore alle mostre d’arte moderna, Pollock o Pollon non ricordo, e quando piscio fuori dal vate – come tutti i maschi mediterranei- e mi difendo artisticamente affermando il mio diritto ad una oxidation painting warholiana sul pavimento non si arrabbia troppo, è una donna post-moderna, col terrore della muffa e della noia, con uno splendido culo.
Questa notte, dopo aver creato il ventesimo utente Google Chrome, sono in crisi d’identità: sono Mollorso, Topis, Caterina da Siena, Ugo di Vieri, Giovanni Berchet, Giovanni Battista o Gesù? Sono Novgorod nel XIV secolo, il duca di Brabante, un mongolo dell’Orda d’oro, Stefano Nemanja di Raška, Nicola Bombacci, Ingvar Kamprad o un bicchiere di Amaretto tarocco? Forse, stasera, assomiglio davvero a Bukowski: e, allora, si fottano i miei dieci lettori, e l’unica che non si fotta, Ambra, col suo sorriso urgente che – lei non sa niente- da una settimana sta sostituendo il Daparox.
[Qui gli austriaci sono più severi dei Borboni, 2015] |
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